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Agroalimentare: gli ingredienti del futuro secondo Cereal Docks



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Dall’ammodernamento delle infrastrutture di logistica e stoccaggio, alla promozione di buone pratiche agricole, alla valorizzazione delle opportunità legate alle bioenergie. Sono sfide per cui lo sforzo verso una maggiore sinergia di tutti gli attori della filiera dell’agroalimentare italiano è pilastro fondamentale

Pubblicato il 26 ott 2023



Mauro Fanin, Presidente e AD Cereal Docks

Ricerca e formazione, innovazione e sostenibilità sono ambiti su cui risulta cruciale investire per dare al settore dell’agroalimentare i giusti strumenti per affrontare le sfide che oggi la volatilità dei mercati e il cambiamento climatico impongono.

Si tratta della necessità di garantire al Paese l’approvvigionamento puntuale di materie prime, di rafforzare la supply chain “dal campo alla tavola” e di garantire una produzione alimentare più sostenibile nel lungo termine.

Per fare ciò è indispensabile ripensare le modalità di interazione tra i vari stakeholder della filiera (dalle aziende, alle associazioni, fino al governo) in un’ottica di sistema per definire quelle strategie atte anche a migliorare la posizione del comparto sui mercati internazionali.

La celebrazione dei primi 40 anni di attività di Cereal Docks è stata l’occasione per guardare a “Gli ingredienti che alimentano il nostro futuro”, titolo dell’evento durante cui l’azienda attiva nella prima trasformazione agroalimentare ha riunito i principali attori istituzionali e della filiera agroalimentare italiana per promuovere un confronto costruttivo sulle principali sfide del comparto.

Cereal Docks compie 40 anni

Quarant’anni di successi hanno permesso a Cereal Docks di guadagnarsi a pieno titolo il ruolo di anello di congiunzione tra il mondo agricolo e le industrie agroalimentari, della nutrizione animale, farmaceutiche e della cosmetica.

Cereal Docks è oggi il Gruppo industriale italiano specializzato nella prima trasformazione agroalimentare per la produzione di ingredienti derivati da semi oleosi e cereali destinati ad applicazioni nei settori feed, food, pharma, cosmetic e per usi tecnici ed energetici.

Una Società Benefit che ha chiuso l’ultimo bilancio con un fatturato di €1,5 miliardi e che conta 11 stabilimenti per un totale di oltre 3 milioni di tonnellate di materie prime lavorate l’anno, coinvolgendo oltre 17.000 aziende agricole italiane e 1200 clienti, grazie al lavoro di oltre 400 dipendenti.

Un’eccellenza del Made in Italy con respiro internazionale guidata dalla famiglia Fanin che dal 1983 non ha mai smesso di crescere. E non ha intenzione di farlo.

L’importanza di una strategia di filiera sistemica

Tanti gli ospiti che hanno preso parte all’evento. Ad aprire i lavori, il Presidente e Amministratore Delegato del Gruppo Cereal Docks, Mauro Fanin, che dichiara: “Il coraggio, la lungimiranza, la saggezza e la dedizione di coloro che hanno condiviso la nostra visione imprenditoriale sono stati i pilastri su cui abbiamo costruito il nostro successo. Cereal Docks in questi 40 anni è diventata una grande comunità, uno snodo importante nelle filiere agricole e agroalimentari dell’intero Paese. L’incontro di oggi, vuole riunire tale comunità, per definire un percorso, un dialogo fruttuoso e una strategia di filiera finalmente sistemica”.

Fanin porta poi all’attenzione che oggi navighiamo in acque agitate, in uno scenario in rapido mutamento, dal punto di vista economico, climatico e geopolitico. Mentre occorre sviluppare un’agricoltura robusta e competitiva, si pone il bisogno urgente di orientare la produzione alimentare verso la qualità e la sostenibilità lungo gli assi ESG, in linea con le direttive politiche europee e le aspettative dei consumatori.

L’impatto ambientale diventerà sempre più evidente, e per questo, la Politica Agricola Comune (PAC) si sta orientando verso un aumento degli aiuti economici per premiare l’adozione di pratiche virtuose. Ma per adattarsi al cambiamento climatico, è essenziale definire un livello ideale di interazione e considerare l’intero sistema come un’unica entità.

La gestione dei cambiamenti e l’adozione degli ingredienti del futuro richiedono la partecipazione di una comunità allargata che comprende politici, imprese e tutti i settori della filiera, inclusi coloro che operano su filiere parallele. Solo così sarà possibile migliorare la posizione dell’Italia nei mercati e nelle dinamiche globali.

Agroalimentare come volano turistico e culturale

Successivamente, il Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ha preso la parola “Il Gruppo Cereal Docks, rappresenta un’eccellenza e una best practice: un marchio che racchiude quarant’anni di successi e proietta un’azienda veneta nel panorama internazionale dell’agroalimentare dando, altresì, un forte contributo alla produzione, alle esportazioni e alla crescita del Paese”.

Dal 1983, Cereal Docks ha promosso l’immagine di una filiera sostenibile, concentrando l’attenzione sull’approvvigionamento di materie prime di alta qualità e sulla promozione di pratiche agricole responsabili, innovazione e benessere dei dipendenti. Ingredienti che rafforzano il ruolo di questo gruppo veneto all’interno di un comparto che per la regione rappresenta una punta di diamante.

Il Veneto, infatti, detiene una DOP economy in continua crescita, con 89 prodotti DOP e IGP (53 nelle filiere del vino e 36 nelle filiere del food): un settore che complessivamente vale 3946 milioni di euro con il comparto dei prodotti agroalimentari che pesa per il 11,3% e quello vitivinicolo per l’88,7%.

“Una ricchezza che si traduce in un potentissimo biglietto da visita del Veneto nel mondo: l’agroalimentare infatti, oltre al valore economico, diventa un grande volano turistico e culturale” conclude Zaia.

Sostenibilità, sicurezza energetica e agricoltura

La seconda parte della mattinata ha visto lo svolgimento della Tavola Rotonda “Dal campo alla tavola: impegno comune per la centralità dell’agroalimentare italiano” a cui hanno preso parte figure di primo piano del settore agroalimentare italiano e importanti rappresentanti del mondo politico-istituzionale e delle associazioni del mondo agricolo.

Roberta Toffanin, consigliera del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, pone l’accento sulla necessità che transizione sostenibile e sicurezza energetica vadano di pari passo, mantenendo fede al programma “Fit for 55“. Una sfida che diventa ancor più complessa a causa del contesto geopolitico instabile, segnato dalla guerra in Ucraina e il conflitto tra Israele e Palestina.

Per trovare un equilibrio tra agricoltura e sicurezza energetica, Toffanin chiama in causa il ruolo chiave di fotovoltaico e agrivoltaico in agricoltura per cui il decreto rispetto all’identificazione delle aree idonee è ora al vaglio delle Regioni. Interessante anche il tema dei bioliquidi come fonte di energia programmabile e flessibile, in grado di integrare i limiti del fotovoltaico, ma più onerosa e per cui il Ministero sta lavorando per definire incentivi atti a sostenerla.

Climate change, l’agricoltura non solo come “imputato”

Toffanin mette poi l’accento sull’importanza della collaborazione tra tutte le parti interessate, tra cui istituzioni, associazioni e imprese, per prepararsi al futuro che sarà caratterizzato da rapidi progressi tecnologici e innovazioni e sulla necessità di ridurre la burocrazia per garantire una risposta tempestiva alle nuove sfide.

Del resto, come aggiunge Paolo De Castro, Vice-Presidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale, l’agricoltura è stata vista solo come un “imputato” piuttosto che come “attore” nel cambiamento climatico. Ma per fare progressi, è fondamentale collaborare insieme al mondo agricolo.

La transizione energetica e agroalimentare

Dall’intervento di Cristiano Fini, Presidente CIA emerge l’importanza di mettere in campo ulteriori strategie volte all’utilizzo di fotovoltaico, per la transizione ecologica ed energetica dell’UE. Anche i biocarburanti e il biogas rappresentano un’opportunità cruciale per creare una filiera italiana, poiché sono parte integrante dell’economia circolare.

Fini sollecita poi lo sviluppo di un piano nazionale per la produzione di proteine vegetali, in particolare la soia, e altre materie prime sostenibili e certificate. Questo supporterebbe le filiere italiane di alta qualità che richiedono tali risorse.

Riconosce, inoltre, l’importanza della sovranità alimentare e la necessità di un impegno collettivo per il settore agroalimentare italiano. Tanto quanto investire nell’innovazione sia a livello tecnologico che sistemico per accelerare lo sviluppo qualitativo e sostenibile dell’intera supply chain agrifood.

Il cammino verso l’agroalimentare sostenibile

A ribadire il valore dell’integrazione di ricerca, innovazione, visione e strategia è Massimiliano Giansanti, Presidente di Confagricoltura, che si è espresso sulle sfide e sulle opportunità di oggi per l’agricoltura.

Il primo punto focale è la necessità di delineare una strategia chiara che ponga al centro la produzione agricola e le filiere agroindustriali, con una particolare enfasi sulle proteine vegetali e animali. A tal proposito Giansanti ha proposto di avviare un piano proteico che, se integrato nella politica agricola comunitaria, garantirà una produzione stabile in tutto il Paese. Ciò creerebbe un modello sostenibile in cui i produttori di proteine vegetali avrebbero un ruolo significativo.

Per rispondere alle domande riguardo al futuro del settore, la visione e la valorizzazione del capitale umano sono elementi chiave.

Le energie rinnovabili sono una priorità, con l’agricoltura che gioca un ruolo chiave nella produzione di biogas, biometano e biofuel, in particolare attraverso la lavorazione della soia.

Anche le TEA (tecniche di evoluzione assistita) sono diventate indispensabili, con gli eventi climatici estremi all’ordine del giorno. Ridurre l’uso di prodotti fitosanitari e investire nella ricerca genetica sono essenziali per affrontare le sfide legate alla produzione di proteine vegetali e alla sostenibilità.

Un altro aspetto critico è il capitale umano che ha un bisogno urgente di informazione e consapevolezza. L’agricoltura 4.0 e la trasformazione digitale sono visti come strumenti per educare i consumatori sul cibo che consumano.

Giansanti chiude invitando l’agroalimentare ad avere il coraggio di classificare e misurare la sua carbon footprint, partire dal campo fino al prodotto per dimostrare come possa svolgere un ruolo determinante nel mitigare e adattarsi al climate change.

Infrastrutture, serve un cambio di rotta

Di fronte all’approvvigionamento di materie prime, Ettore Prandini, Presidente di Coldiretti chiama in causa uno sforzo comune in un’ottica di ammodernamento delle infrastrutture di logistica e stoccaggio, fondamentale per il consolidamento di quelle filiere nazionali che hanno reso l’agroalimentare la prima industria manifatturiera del Paese.

“È imperativo che superiamo i confini locali e le abitudini che hanno finora limitato il nostro progresso. Questo diviene evidente quando esaminiamo il nostro sistema infrastrutturale, dove l’86% del nostro trasporto avviene su strada, causando una perdita di competitività di ben 9 miliardi di euro per il settore agroalimentare rispetto ai nostri concorrenti. Per affrontare efficacemente il futuro, dobbiamo direzionare gli investimenti verso il trasporto ferroviario e marittimo, che costituiscono l’autostrada del domani, con collegamenti logistici aerei e sistemi cargo. La mancata azione in questa direzione comporterà la perdita di quote di mercato e ritardi nell’accesso a mercati di interesse”.

Tracciabilità e trasparenza nella filiera agroalimentare

Un’altra questione su cui Prandini richiama l’attenzione sono le infrastrutture correlate all’utilizzo della rete e banda larga, con oltre il 70% del nostro territorio ancora privo di copertura. Per sfruttare appieno i dati, necessitiamo di una connettività robusta per tradurre le attività aziendali in QR code e blockchain, in modo che sia possibile non solo garantire nuove forme di tracking di filiera e di efficienza dei processi, ma comunicare ai consumatori finali l’elemento di sostenibilità che caratterizza la produzione.

Il tema del packaging è altrettanto cruciale, in quanto uno scarso controllo potrebbe portare a sprechi alimentari e aumenti di costo per il consumatore finale. Possiamo prevedere l’implementazione di forme di tassazione, come la plastic tax o la sugar tax, anche in Italia.

Per competere efficacemente nei mercati globali, è essenziale acquisire una conoscenza approfondita, riconoscendo che l’esportazione negli Stati Uniti o in Cina richiede strategie diverse. Inoltre, non è da trascurare la formazione tecnica, poiché abbiamo bisogno sia di laureati che di individui competenti in lavori manuali e tecnici, in grado di utilizzare tecnologie avanzate come la robotica, i droni, i satelliti e la sensoristica.

Accelerare l’adozione delle TEA e puntare sul Carbon Farming

Un punto cruciale è l’adozione delle TEA, che richiede un processo accelerato per consentire un loro utilizzo tempestivo. Nel frattempo, è fondamentale investire nella ricerca, compreso il settore fitosanitario, per proteggere le coltivazioni da insetti dannosi come la cimice asiatica. Dobbiamo anche investire nei bacini di accumulo per trattenere l’acqua piovana, affrontando così il problema della scarsità idrica.

Ancora, è bene considerare la “carbon footprint” non solo nelle filiere zootecniche, ma anche nel contesto delle coltivazioni agricole. Non bisogna andare incontro all’opposizione tra proteine animali e vegetali perché con lo sviluppo della zootecnia sarà possibile valorizzare il digestato, e quindi nutrire il suolo che potrà immagazzinare il carbonio.

Etichette nutrizionali, una grande sfida per il Made in Italy

Un altro tema importante è quello sollevato da Giacomo Vigna, Consulente del Ministero delle imprese e del made in Italy (MIMIT). L’informazione è preziosa, ma un’eccessiva quantità di informazioni spesso equivale a una mancanza. Attualmente, uno dei maggiori dibattiti riguarda la definizione di uno standard comunitario sulle etichette nutrizionali che vede contrapporsi i modelli del Nutriscore e NutrInform.

Da una parte i Paesi che aderiscono a NutriScore, la label “a semaforo” ideata dalla Francia, appoggiata dalla Germania e ora anche dalla Commissione Europea; dall’altra l’Italia, capofila dei numerosi sostenitori a favore di NutrInform, l’indicazione a “batteria”. Una contrapposizione che pare non trovare accordo: per il Belpaese, lo standard franco-tedesco penalizzerebbe infatti la dieta mediterranea e molti prodotti di altissima qualità.

“Questa battaglia è di estrema importanza perché – afferma Vigna – se dovessimo vedere il NutriScore sugli scaffali dei negozi, ciò metterebbe in discussione l’intero settore produttivo. La possibilità che i prodotti siano classificati come “verdi” o “rossi” potrebbe spingere l’industria a riformulare i prodotti, con un impatto significativo sull’agricoltura e sull’industria stessa”.

L’appello di Vigna è quello di adottare il sistema NutrInform perché in caso contrario la Commissione Europea potrebbe adottare un sistema che classifica i prodotti senza una base scientifica, e ciò rappresenterebbe una grande sfida per il Made in Italy. Le denominazioni di origine controllata (DOC) e le indicazioni geografiche protette (IGP) potrebbero essere messe in discussione se i prodotti vengono riformulati da parte di grandi multinazionali non italiane alla ricerca di un mero un vantaggio competitivo.

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