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Ismea: pesa sull’agroalimentare italiano il mutato contesto geopolitico

L’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia, esasperato dalle tensioni geopolitiche in atto, è un fattore che grava pesantemente sia sul settore primario, che sull’industria alimentare, sommandosi ai problemi che già da diverso tempo ostacolano trasporti e logistica.

Pubblicato il 29 Mar 2022

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Nel 2021, l’agroalimentare Made in Italy ha mostrato una buona tenuta dopo lo shock pandemico. La lieve flessione del valore aggiunto agricolo (-0,8%) è avvenuta in un contesto caratterizzato dalla crescita della produzione industriale (+6% rispetto al 2020), spinta da un export in decisa ripresa che alla fine dell’anno ha registrato un balzo a doppia cifra (+11%) raggiungendo il valore record di 52 miliardi di euro. Il numero di occupati è rimasto per lo più stabile sul livello del 2020 (-0,1%).

Anche sul fronte dei consumi interni, gli acquisti alimentari domestici hanno registrato nel 2021 una flessione in valore molto lieve (-0,3%), soprattutto in confronto con l’eccezionale annata precedente e la contemporanea riapertura dei canali Horeca. La spesa di cibo e bevande si è attestata su un valore di circa 87,3 miliardi di euro, superiore del 7,5% rispetto all’anno precrisi (2019).

Tuttavia, l’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia è un fattore che grava pesantemente sia sul settore primario, che sull’industria alimentare, sommandosi ai problemi che già da diverso tempo ostacolano trasporti e logistica. Lo rileva il Report Agrimercati (scaricabile direttamente QUI),in cui Ismea analizza le principali dinamiche del settore agroalimentare italiano, con particolare riferimento al quarto trimestre 2021.

L’aumento dei costi di materie prime ed energia rallenta la crescita dell’agroalimentare italiano

In un siffatto scenario, appare chiaro il peso determinato dai mutati equilibri geopolitici: le conseguenze dirette e indirette della guerra tra Russia e Ucraina hanno e avranno sempre più un elevato impatto sullo scenario internazionale, sia per l’accentuata instabilità dei mercati finanziari e le pressioni al rialzo dei prezzi di tutte le materie prime, anche di natura speculativa, sia per l’introduzione di sanzioni e restrizioni commerciali.

L’incremento dei listini era già stato fotografato dall’Indice dei prezzi Ismea a fine 2021: durante l’ultimo trimestre dell’anno è continuato il trend di espansione dei prezzi dei prodotti agricoli nazionali, con un incremento tendenziale del 15%, dietro la spinta soprattutto dei prodotti vegetali (+19,5%), ma anche di quelli zootecnici (+10%).

L’incremento dei prezzi dei mezzi correnti di produzione è stato evidenziato anche dall’indice elaborato dall’Ismea, che nel quarto trimestre del 2021 ha segnato un +10,3% tendenziale, dovuto soprattutto ai listini dei concimi (+27,4%), dei prodotti energetici (+19%) e dei mangimi (+14,8%).

Trascinato dagli aumenti di prezzo di molte materie prime così come da costi di trasporto marittimo sempre più proibitivi, il comparto concimi agricoli già dagli ultimi mesi del 2021 sta vivendo un periodo “caldo”.

Le prospettive per il 2022 sono influenzate dalla crescita dei prezzi dei prodotti alimentari, dalla riduzione del potere d’acquisto delle famiglie per l’aumento delle bollette e dalla nuova incertezza sulla ripresa economica nello scenario di crisi determinato dalla guerra tra Russia e Ucraina.

Opinioni delle imprese agroalimentari sulla congiuntura e focus sull’accesso al credito

Nell’ultimo trimestre del 2021 il clima di fiducia nel settore agroalimentare si conferma più positivo rispetto all’anno precedente, malgrado la pandemia da Covid-19 non sia del tutto estirpata. L’indice di fiducia degli operatori del settore agricolo è aumentato rispetto all’anno precedente, soprattutto riguardo alle prospettive a 2-3 anni; più tiepide le sensazioni relative alla situazione corrente.

Anche le imprese dell’industria alimentare mostrano maggiore fiducia, anche se a fine 2021 sono comparsi i primi segnali di preoccupazione legati alla riduzione delle aspettative di produzione, condizionate dall’andamento dei mercati dei prodotti energetici, dall’aumento dei prezzi di molte materie prime e dai segnali di crescita dell’inflazione. Comunque, è calato in maniera significativa il numero d’imprese in difficoltà rispetto a un anno prima.

Dall’indagine sull’accesso al credito è emersa una forte riduzione del ricorso al credito nel 2021 sia da parte delle imprese agricole che da parte degli operatori della fase industriale, rispetto al 2020, in cui vi era stata una domanda di credito maggiore a causa dell’emergenza Covid. Marginale la quota di agricoltori che si sono rivolti in banca e non hanno ottenuto il credito, in netta diminuzione rispetto al 2020.

Sempre tra gli agricoltori la percentuale delle richieste per prestiti a breve è leggermente diminuita a vantaggio dei prestiti per il medio-lungo termine, segnalando un allentamento delle problematiche relative alla liquidità generate dall’emergenza Covid. Andamento opposto nel caso delle imprese industriali per le quali, rispetto al 2020, è aumentata la percentuale dei richiedenti prestiti a breve termine, a scapito dei prestiti a medio-lungo. Per la maggioranza degli operatori intervistati, sia dell’agricoltura che dell’industria, i problemi di liquidità che stanno affrontando sono riconducibili al calo delle vendite e quindi al mancato incasso.

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